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Le ‘Parole non sono pietre’e la Carta d’Assisi a Civiltà Cattolica

Nella sala convegni della rivista Civiltà Cattolica di Roma si è svolto venerdì 28 febbraio scorso un dibattito -seminario dal titolo “Parole non pietre” organizzato da Articolo 21 e dalla Federazione nazionale della stampa, alla presenza dei rappresentanti di tutte le fedi religiose riuniti insieme per la prima volta. Un evento senza precedenti per il valore simbolico, ma soprattutto per una comunanza d’intenti, capace di andare oltre a semplici promesse all’insegna di un dialogo antireligioso, sociale, politico, civile alla base di ogni democrazia. Un dialogo basato sulla convivenza pacifica e rispettosa delle idee e dei pensieri altrui. “Parole non pietre” si basa sulla Carta d’Assisi: un documento sottoscritto in precedenza il 3 maggio 2019 nella sede della Federazione nazionale della stampa dai tre esponenti più autorevoli delle religioni monoteiste. Un appello urgente soprattutto ai giornalisti a cui viene chiesto d pubblicare le notizie con un linguaggio consono e rispettoso della dignità altrui. Un’informazione corretta e scevra da parole usate come pietre, epiteti irripetibili, insulti e denigrazioni verso i più deboli, gli emarginati, gli stranieri. Un linciaggio mediatico mediante la violenza verbale capace poi di tramutarsi anche in atti fisici.

Nella Carta di Assisi è citato al punto nove uno dei principi cardini titolato “Connettiamo le persone”: «La società non è un groviglio di fili, ma una rete fatta di persone: una comunità in cui riconoscersi come fratelli e sorelle. Il pluralismo politico, culturale, religioso è un valore fondamentale. Connettiamo le persone». Contro ogni forma d’odio e razzismo la parola è fondamentale se utilizzata affinché si possano costruire dei “ponti e non innalzare dei muri” come spesso ricorda il presidente della FNSI Giuseppe Giulietti, l’artefice di queste tre giornate culminate domenica 10 marzo con la deposizione della “Panchina della Memoria” (realizzata dall’associazione Leali delle Notizie di Ronchi dei Legionari) nel Ghetto ebreo di Portico d’Ottavia di Roma, e dedicata a giornalisti e tipografi ebrei romani vittime della deportazione. Erano presenti Ruben Della Rocca, vice presidente della Comunità Ebraica di Roma; Mario Venezia, presidente della Fondazione Museo della Shoah; David Sassoli presidente del Parlamento europeo e della sindaca di Roma Virginia Raggi.

Nella sede  di Civiltà Cattolica si sono susseguiti gli interventi di Raffaele Lorusso segretario generale della Federazione nazionale della stampa, Guido D’Ubaldo, segretario del Cnog, Roberto Natale, coordinatore Comitato scientifico di Articolo21; padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica; Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero delle Comunicazioni della Santa Sede; Muhammad Abd al-Salam, segretario dell’Alto Comitato per l’attuazione documento sulla fratellanza; Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma; Alessandra Trotta, moderatrice della Chiesa Valdese; Abdellah Redouane, segretario generale del Centro islamico culturale d’Italia; il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’Editoria, Andrea Martella. Le loro firme sono state apposte sul disegno realizzato da Mauro Biani che rappresenta un ponte formato da una penna su cui si incontrano dei giovani provenienti da entrambe le direzioni.

Ad aprire il convegno Elisa Marincola portavoce di Articolo 21 che ha spiegato come l’iniziativa “Parole non pietre”  dove  confronto serviva per fornire una « sana informazione e una condivisione per noi a noi stessi», rifacendosi a quanto scritto nella Carta d’Assisi, e annunciando il saluto video registrato di Liliana Segre presidente della Commissione parlamentare contro il razzisimo, l’antisemitismo e la discriminazione: «le parole contro l’odio non sono pietre, sono messaggi che non hanno credo politico, religioso ma sono universali che uniscono e non dividono. Portano conforto. Per chi ha sofferto per le pietre il fatto che si parli di pace è importante. Sono felice che tante persone di fedi diverse si riuniscano per celebrare la pace sotto il cielo di Assisi e abbiano firmato la Carta d’Assisi».

Padre Antonio Spadaro, direttore della rivista Civiltà Cattolica (fondata nel 1850, la più antica d’Italia) ha ribadito come sia fondamentale operare con professionalità per «avere a cuore una delle architravi della nostra democrazia. La declinazione in tutte le forme di comunicazione ci fa chiedere quale società ho in mente? Quale voglio costruire? Lo stesso presidente della Repubblica Sergio Mattarella ci rivolge un monito quando dice di “sentirsi e riconoscerci in una comunità di vita e di comune destino”. Questo significa condividere valori e prospettive, diritti e doveri, parole da scolpire. I media svolgono un ruolo fondamentale nella comunicazione che costituisce un ambiente reale e non virtuale e ogni informazione crea delle relazioni e ogni comunicazione diventa informazione. In questi tempi una malattia epidemica ci mette sotto stress attaccando anche la nostra fisiologia della nostra anima ma dobbiamo combattere anche un’altra influenza ed eliminare l’odio contro il diverso. Viviamo in bolle filtrate dove ci mettiamo in contatto solo con chi la pensa come noi ».

Padre Spadaro ha voluto ricordare anche Antonio Megalizzi come un esempio di chi voleva contrastare ogni forma di linguaggio responsabile di alimentare intolleranza e odio verso gli altri. Un pensiero ripreso anche da Raffaele Lorusso segretario generale della FNSI: «Parole e non pietre richiama alla responsabilità di azioni condivise e il Congresso di Levico ha rappresentato lo spartiacque tra chi ritiene che uno vale uno e che si riconosce nella Costituzione antifascista. In un’ottica di post verità c’è chi si sforza di raccontare i fatti e c’è chi fa scatenare reazioni scomposte e irrazionali e attraverso l’uso di parole responsabili si cerca di far allontanare chi ne fa un utilizzo demagogico. Il confronto può diventare acceso ma non deve trasformarsi in una permanente chiamata alle armi, ad una narrazione che tende ad escludere e non ad includere. Dobbiamo tutti collaborare a costruire ponti e non muri e alimentare il terreno fertile si cui operare in questo senso. La Rete ha ingigantito il fenomeno su cui si basa il concetto distorto dell’uso delle parole. Viviamo in una democrazia liberale dove si sta cercando di ostacolare – ha proseguito Lorusso – la mediazione e i confronti alla base stessa della democrazia. L’accesso alla Rete rende possibile il fenomeno di proliferazione dell’utente con la creazione di gruppi chiusi dove si propagano fenomeni di paura. Voglio citare Stefano Rodotà (il primo Garante per la protezione dei dati in Italia, ndr) il quale facendo riferimento all’habeas corpus (“che tu abbia il tuo corpo”, ndr) parlò della necessità di arrivare alla definizione di “habeas data” estendendo alla Rete il diritto come sancito dall’habeas corpus di curare un fenomeno che ha la responsabilità di aver creato disagio sociale, diseguaglianze e violazione dei pari diritti di tutti e delle eguaglianze».

Se l’habeas corpus è stato pensato per tutelare l’essere umano nella sua integrità fisica (nel rispetto della sua dignità di corpo fisico) a garanzia dei propri diritti, oggi è fondamentale poter proteggere la libertà di una persona riconoscendo l’esistenza di un corpo digitale. «Il disagio sociale che si è venuto a creare è il risultato di politiche sempre meno attente fino ad aver creato false notizie e questo ha agevolato l’azione dei professionisti della demagogia. È necessario ridurre le diseguaglianze e gli ultimi del mondo del lavoro. Anche le parole tornino ad avere il loro significato» – ha concluso Raffaele Lorusso.

In un’epoca dominata dalle tecnologie digitali in cui la vita di ciascuno è condizionata in modo sempre più invasivo parlare di corpo digitale assume un significato preciso e non si può prescindere da quelle che sono le modificazioni e invasioni della propria libertà e dignità personale. Connessioni pervasive, divulgazione di dati sensibili, fino ad arrivare ad un uso compulsivo e distorto e responsabile di alimentare anche una disinformazione generalizzata. Tutto viene rilevato da queste tecnologie e reso pubblico, ogni gesto, azione fisica ed emotiva spesso manipolata. Roberto Natale del comitato scientifico di Articolo 21 ha poi spiegato l’importanza della Carta d’Assisi: «non è solo una carta dei giornalisti ma essa confluisce sulla strada dei diritti creata a fine anni Ottanta dal gruppo di Fiesole, ma è anche la carta dei doveri . Va contrastata la disintermediazione. Dobbiamo tutti noi giornalisti dimostrare la nostra responsabilità per impedire la marea montante dell’odio. L’assemblea parlamentare europea ha richiamato l’Italia per il linguaggio d’odio che imperversa nella nostra politica e nell’informazione. La Carta d’Assisi non nasce dal buonismo, non chiede di guardare la realtà con gli occhiali rosa ma di accertare e raccontare solo la verità. Lo ha ribadito anche il presidente Mattarella nel premiare semplici cittadini che non è un problema di essere buonisti; il tema del buonismo è emerso come riflesso condizionato nei media vedi certi titoli di giornali – ha spiegato Roberto Natale – come “prove tecniche di strage”; “accogliamo tutti anche i virus”; “ ora ci diamo tutti una calmata!”. La società non si regge sulla legge della lacerazione sociale, dobbiamo imparare a dare l’informazione con i numeri giusti altrimenti ci si avvelena tra quella che è la dimensione reale e quella della percezione ricevuta dei cittadini. Noi giornalisti abbiamo la responsabilità di combattere l’emotività».

Il direttore dell’Osservatore Romano Andrea Monda ha voluto ricordare nella circostanza dell’evento anche la catastrofe umanitaria che si è verificata in Siria con un milione di sfollati dove molti media omettono di darne notizia. Anche questo è un modo di fare disinformazione alla pari di chi scrive false notizie. «La Carta d’Assisi ci dice come una società incapace di reggere non cresce se si alimenta solo dentro le camere dell’ego e se ciascuno si connette solo con se stesso. Dobbiamo tenere vivo il dialogo». Il governo era rappresentato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’Editoria, Andrea Martella il quale ha portato un contributo efficace alla discussione (approvato dall’Ordine dei giornalisti che ha concesso i crediti formativi -deontologici): «Quando le parole vengono usate in modo strumentale contro l’interlocutore visto come un nemico, diventano un mezzo per colpire, per indurre paura e attaccare e mortificare l’altro. Per impedire il permesso di far entrare gli individui e gli altri popoli e alimentare il tempo dell’odio e dell’intolleranza che si diffonde, penso all’omofobia, al bullismo, al sessismo e al razzismo. l’odio è uno solo (riferendosi alla strage in Germania da parte di un uomo verso i turchi, alla strage in Nigeria, Burkina Faso, ndr) e il movente che sia razziale e di genere è la stessa cosa. L’odio è una pulsione negativa e compagno di viaggio dell’umanità come tutte le altre pulsioni. Emanuele Macaluso (politico e giornalista, ndr) aveva spiegato come “la grammatica ha liberato l’insulto” e ora si può odiare apertamente grazie ad una normalizzazione dialettica (negativa, ndr) e alla base dell’odio c’è la violenza verbale. L’incitamento all’odio e le notizie false (e i media ne sono spesso responsabili, ndr) progrediscono in parallelo – ha spiegato Martella – anche se non bisogna demonizzare internet e i social, questi hanno fatto crescere un lato oscuro, dove si è creato il clima dell’odio. Va sostenuta la complessa partita normativa con la creazione di regole pubbliche e l’autoregolamentazione in nome di una battaglia culturale. I nativi digitali che anno conosciuto il principio dell’informazione reale (la generazione di chi è cresciuto insieme alla diffusione delle nuove tecnologie informatiche, ndr). Esiste uno scarto tra percezione e realtà e alfabetizzazione funzionale, causa anche la scarsa lettura».

Il sottosegretario Martella ha ricordato anche l’impegno per la commissione per l’equo compenso rivolta alla professione giornalistica, la ricostituzione dell’osservatorio contro le intimidazioni ai giornalisti e in conclusione ribadendo la necessità di credere nel «principio del bene sempre presente in ogni credo e anche quello della laicità». Paolo Ruffini prefetto del Dicastero delle Comunicazioni della Santa Sede: «i titoli accattivanti dei giornali diventano titoli cattivi e anche le storie peggiori possono avere la possibilità di riscatto e di trasformazione». Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma: «stiamo vivendo in una fase dove assistiamo ad una costruzione di un’ideologia basata sulla divisione ed è preoccupante perché è già accaduto. Un finalismo asservito alla propaganda. Ringrazio Giuseppe Giulietti per la sensibilità dimostrata e per l’ascolto condiviso nel cercare di fermare i linguaggi d’odio, il pericolo di un’implosione è forte e grave e non è solo limitato ai noi ebrei e altre minoranze, ma a tutta la società».

La chiusura del dibattito è stata affidata al presidente della Federazione nazionale della stampa: «i processi democratici sono fatti dalle comunità e non dai leader solitari. Ci sono trasmissioni televisive con alti indici di ascolto ma dal basso indice di dignità. Per farlo devi essere radicale sull’analisi ma la radicalità è dare voce all’urlo, all’insulto. I politici vengono chiamati nelle trasmissioni televisive e questo diventa un problema democratico. (Il sociologo Zygmunt Bauman e il filosofo Loenidas Donskis, sono gli autori di “Cecità morale”; quest’ultimo scrive: “Se un politico non va in tv, non esiste – ma questa ormai è storia vecchia. La novità è che, se non sei sui social network, neanche tu esisti”. Cit. da “Cercami su “Instagram. Tra Big Data, solitudine e iperconnessione” di Serena Valorzi e Mauro Berti (Reverdito edizioni). Noi siamo stati accolti qui a Civiltà Cattolica da Padre Spadaro mentre in altri luoghi ci escludono – ha ricordato Giulietti e a lui sono state rivolte spesso delle accuse attaccandolo per le sue prese di posizione contro il sovranismo. Ci sono dei giornalisti che devono andare a casa per aver dimostrato di essere squadristi in quello che scrivono. Noi, invece, firmiamo di nuovo la Carta d’ Assisi per dire no alla penna come strumento di guerra surrettizio, ma uno strumento di conoscenza. Per ricordare i tanti giornalisti n carcere ora dall’altra parte del Mediterraneo. Per la liberazione dalle querele bavaglio. Per dire no ad una cultura del “me ne frego” responsabile di aver ammorbato il nostro paese. Il nostro impegno deve essere condiviso a tutti senza essere mai una corporazione e dobbiamo disarmare chi usa le parole come pietre». Come quelle ascoltate in questi giorni commentando l’emergenza del Covid 19 (coronavirus) come ha fatto, ad esempio, Vittorio Sgarbi. 

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L’inaugurazione della Fondazione Megalizzi a Trento il 14 febbraio

La Fondazione Antonio Megalizzi è stata costituita e fortemente voluta dalla Federazione nazionale della stampa a Trento. Un impegno nato dalla volontà di dare un seguito all’impegno di Antonio nel credere ad un’Europa unita e solidale su basi concrete nel promuovere una cultura della formazione, rivolta ai giovani che si vogliono avvicinare al giornalismo, e alla capacità di esprimere idee e concetti nell’ottica di una libertà di pensiero. Venerdì 14 febbraio la cerimonia ufficiale di presentazione nella Sala di rappresentanza Depero all’interno del Palazzo della Provincia di Trento. La decisione era stata presa esattamente un anno fa durante la ventottesima edizione del Congresso della FNSI a Levico Terme (Trento) che si era svolto  nel mese di febbraio del 2019 . Il presidente FNSI Giuseppe Giulietti fin dal primo istante ha creduto nella sua creazione e grazie al suo sostegno dimostrato nel trovare alleanze strategiche tra tutti gli enti fondatori: FNSI, la Provincia autonoma di Trento e il suo presidente Maurizio Fugatti, il Comune di Trento, l’Università, l’Usigrai (il Sindacato dei giornalisti Rai), Articolo 21, RadUni, il Sindacato giornalisti del Trentino Alto Adige – Südtirol.

Giuseppe Giulietti aveva così dichiarato a Trento dopo le esequie solenni in Duomo: «Sono qui per rendere l’omaggio dei giornalisti italiani della FNSI e dell’ODG ad Antonio Megalizzi, un giovane che aveva nel cuore l’Europa unita, la solidarietà e la libertà di informazione. Lo ricorderemo dopo avere ascoltato i familiari, i suoi colleghi e i suoi amici, trovando il modo migliore per sostenere i suoi progetti professionali, di studio e di impegno etico e civile. Ci appare davvero essenziale che la sua testimonianza non venga dispersa e sia portata avanti da altri giovani che siano in grado di ripercorrere le sue orme». Egli ha anche sottolineato il coraggio civile della Famiglia Megalizzi che ha saputo trasformare il dolore in impegno di solidarietà, di legalità e di libertà.  Intervistato  Giuseppe Giulietti ha spiegato come sia importante il «compito di non commemorare ma di far vivere le idee e i progetti di Antonio dotati di straordinaria attualità per come operava nel contrastare le fake news che imperversano nelle produzioni giornalistiche. Le straordinarie testimonianze che ci ha lasciato sono riflessioni che dobbiamo fare nostre e diffondere consegnare al presidente del Parlamento europeo David Sassoli e alla senatrice a vita Liliana Segre, presidente della Commissione contro i linguaggi dell’odio. Nelle pagine ereditate da Antonio troviamo preziose indicazioni per riportare il giornalismo alla sua funzione essenziale: connettere parole e cose riportando al centro della nostra attenzione non la percezione della realtà, ma i numeri e la sostanza che definiscono la realtà».

Nel corso dei mesi precedenti i vertici della Federazione, Articolo 21, Usigrai, e Sindacato giornalisti, si sono incontrati spesso a Trento con la famiglia Megalizzi, intessendo un dialogo mediato dal segretario del Sindacato regionale dei giornalisti Rocco Cerone attraverso la consultazione con i rappresentanti istituzionali e politici della Provincia e Comune di Trento, e dell’Università. Nel corso di una visita alla Famiglia Megalizzi avvenuta pochi giorni fa il presidente Giulietti ha invitato i genitori di Antonio a Roma il 28, 29 febbraio e 1 marzo dove si svolgerà una manifestazione intitolata “Le parole non sono pietre” nella sede di Civiltà Cattolica e in altri luoghi in cui il dialogo è la base di ogni forma di convivenza civile, religiosa e democratica, promossa dall’Associazione Articolo21 alla quale parteciperanno anche le famiglie Rochelli, Cucchi, Siani e Impastato. Il prologo della presentazione della Fondazione avrà luogo giovedì 13 febbraio pomeriggio alle 15.30 con una cerimonia dove verrà svelata una targa intitolata alla memoria di Antonio Megalizzi presso la Facoltà di Lettere, dove un anno fa venne messo a dimora un ulivo in segno di pace. Nella stessa giornata alle ore 17, nella sala di rappresentanza del Comune di Palazzo Geremia, verrà presentato libro “Il sogno di Antonio” di Paolo Borrometi, (Solferino Editore), alla presenza dell’autore, di Marino Sinibaldi, direttore di Radio Rai 3 e del presidente Giuseppe Giulietti.

(Fonte: Articolo21)

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Il bilancio 2019 di Articolo 21 e Sindacato dei giornalisti del Trentino Alto Adige

Il seguente articolo, a firma del coordinatore di Articolo 21 del Trentino Alto Adige Roberto Rinaldi, è uscito nei giorni scorsi sulla testata di Articolo 21, quale bilancio dell’attività effettuata durante il 2019. Nel testo, si riporta in sintesi l’impegno del presidio regionale, nazionale e del Sindacato dei giornalisti del Trentino Alto Adige a favore della libertà di stampa e di espressione.

Il 2019 sta terminando, è tempo di fare un bilancio consuntivo delle attività svolte dal presidio di Articolo 21 di Trento e Bolzano, insieme al Sindacato Giornalisti del Trentino Alto Adige – Südtirol . Un anno intenso dove la collaborazione in perfetta sinergia ha permesso di dare vita insieme a numerose iniziative. Un lavoro di squadra capace di organizzare manifestazioni a carattere nazionale, oltre ad essere presenti anche in numerose altre regioni dove è stato possibile allacciare dei rapporti di scambio culturale con altre realtà unite dallo stesso intento: difendere la libertà di pensiero e di stampa, lavorare per una società civile in cui includere tutti senza discriminazioni; contrastare i linguaggi dell’odio; favorire una maggiore coesione sociale; l’impegno per difendere i cronisti minacciati da chi cerca di impedire loro che vengano raccontate le notizie anche le più scomode. Il 2019 si è aperto con un evento di rilevanza straordinaria: il ventottesimo Congresso della Federazione nazionale della stampa “L’informazione non è un algoritmo. Libertà, diritti e lavoro nell’era delle fake news”, che si è svolto a Levico Terme dal 12 al 14 febbraio con il prologo l’11 febbraio nella sala del consiglio comunale, dedicato ai giornalisti sotto attacco, con una tavola rotonda alla quale hanno partecipato il presidente FNSI Giuseppe Giulietti, Laura Viggiano e Roberta De Maddi di Articolo 21 ed il caposervizio cultura dell’Adige Fabrizio Franchi.

Le assise della categoria giornalistica sono state dedicate alla memoria di Antonio Megalizzi, ucciso in un attentato terroristico a Strasburgo il 14 dicembre 2018. Nel corso dell’inaugurazione dei lavori congressuali si è svolto anche l’incontro con la Famiglia Megalizzi ricevuti dal presidente Giulietti, dal segretario dell’Usigrai Vittorio Di Trapani, insieme al presidente di Articolo 21 Paolo Borrometi, e al segretario regionale Rocco Cerone, che è servito a lanciare l’idea di far nascere la Fondazione Antonio Megalizzi, pienamente operativa dal 23 dicembre 2019, con la concessione della personalità giuridica. Un obiettivo fortemente voluto dalla Federazione nazionale della stampa capofila di tutto il mondo del giornalismo, che ha visto il 7 giugno scorso, nella sala Depero del Palazzo della Provincia Autonoma di Trento, la presentazione della Fondazione, con tutti i rappresentanti del mondo del giornalismo insieme alla Famiglia Megalizzi che poi si è concretizzata con la firma dell’atto costitutivo davanti al notaio il 3 dicembre; siglata il giorno dell’antivigilia di Natale con il decreto del Presidente della Repubblica permettendo in modo ufficiale lo svolgimento delle attività previste dallo statuto. Considerata la complessità dell’iniziativa, l’obiettivo raggiunto entro il 2019 può essere considerato un successo corale della squadra che vi ha lavorato a supporto e a sostegno della Famiglia Megalizzi, per non far disperdere la memoria di Antonio e di conseguenza la memoria collettiva di valori e ideali che accomunano coloro che si sono impegnati nel perseguire con determinazione e caparbietà un fine difficile da raggiungere.

Nel corso dell’anno che si sta per concludere si sono susseguite molte adesioni a iniziative nazionali a cui il presidio di Articolo 21 del Trentino Alto Adige è stato invitato. Tra queste la partecipazione nel mese di marzo a Torino nel Teatro Astra per il convegno “La mafia dal sud al nord. Raccontare la mafia che cambia e le sue infiltrazioni” con l’intervento di Gian Carlo Caselli (ex procuratore della Repubblica a Palermo e Torino) che anticipava la visione dello spettacolo del Teatro delle Albe di Ravenna “Va pensiero” per la regia di Marco Martinelli e ispirato alle vicende del giornalista Donato Ungaro. La produzione teatrale verrà replicata nel mese di marzo del 2020 al Teatro Sociale di Trento dove andrà in scena preceduto da un dibattito al quale parteciperanno gli autori di “Va pensiero” Marco Martinelli ed Ermanna Montanari insieme al Procuratore della Repubblica di Trento Sandro Raimondi, Donato Ungaro, per discutere sulle infiltrazioni delle mafie anche in Trentino Alto Adige. L’evento (a cui saranno invitate le scuole superiori) è stato reso possibile dalla fattiva collaborazione tra il Centro servizi Santa Chiara, diretto da Francesco Nardelli, Teatro delle Albe, presidio Articolo 21 e Sindacato.

Nel mese di maggio si è svolta a Palazzo Geremia a Trento la prima manifestazione nazionale per la libertà di stampa alla vigilia proclamata come Giornata Mondiale per la Libertà di Stampa, organizzata dal Sindacato giornalisti del Trentino Alto Adige, del Veneto, del Friuli, Articolo 21 ed FNSI, alla quale hanno partecipato molti ospiti tra i quali Asmae Dachan, Fazila Mat, Donato Ungaro, Paolo Borrometi, Monica Andolfatto, Carlo Muscatello, Giuseppe Giulietti. In quella sede è scaturita la successiva iniziativa a corollario del Festival Smart Week City di Trento, con la tavola rotonda del 21 settembre in piazza Duomo dove il presidente di Articolo 21, Paolo Borrometi, uno dei 24 giornalisti italiani sotto scorta, è stato intervistato dal direttore dell’Adige Alberto Faustini sul tema della “Digitalizzazione dell’informazione: rischi, opportunità prospettive”.
Articolo 21 è stato presente, inoltre, a Verona per la presentazione del libro “Nazitalia” di Paolo Berizzi, l’inchiesta sulle formazioni neofasciste italiane. In platea era presente una delegazione della Federazione nazionale della Stampa italiana e di Articolo 21, guidata dal presidente Giuseppe Giulietti, che ha portato il saluto del Sindacato, anche a nome del segretario generale Raffaele Lorusso.

Ad affiancare Giulietti, Nicola Chiarini e Roberto Rinaldi, in rappresentanza rispettivamente dei sindacati dei giornalisti di Veneto e Trentino Alto Adige. Un modo per testimoniare vicinanza a Paolo Berizzi e sostegno all’iniziativa (alla quale sono intervenuti anche l’ex procuratore Guido Papalia e Carlo Verdelli, direttore responsabile di Repubblica, il quotidiano per cui scrive il giornalista sotto scorta per le minacce ricevute. Nella città scaligera Articolo 21 ha partecipato al corteo di protesta “Non una di meno: Verona città transfemminista” in occasione del World Congress of Families di Verona, il “Congresso delle Famiglie” e a “Nella mia città nessuno è straniero” per dire no ad ogni forma di razzismo, e sì ad una città solidale dove hanno partecipato il Centro per i Diritti del Malato e per il Diritto alla Salute – CESAIM – , Refugees Welcome Italia Onlus, la Federfarma di Verona, la CGIL Camera del Lavoro, Emergency gruppo di Verona. Il Coordinamento provinciale di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie di Verona.

Articolo 21 era presente anche al convegno “Come salvarci dalle Fake News” : un nuovo patto tra società, scuola ed informazione che si è tenuto a Rovereto durante il programma del Festival Nazionale sulla Formazione EDUCA. Alla tavola rotonda hanno partecipato Francesco Profumo, presidente della Fondazione Bruno Kessler di Trento, Manlio De Domenico, ricercatore presso la stessa FBK, Roberto Rinaldi in rappresentanza anche della Federazione Nazionale della Stampa Italiana e Giampaolo Pedrotti, responsabile dell’Ufficio stampa della Provincia autonoma di Trento e presidente di Trentino Film Commission. Nel capoluogo della Regione durante il Film Festival della Montagna e rassegna Montagna Libri curata da Luana Bisesti e con la fattiva collaborazione del direttore della libreria Ancora di Trento, Simone Berlanda, è stato presentato il libro di Antonella Napoli Il mio nome è Meriam”. Sempre in rappresentanza di Articolo 21 e Sindacato Trentino Alto Adige a Rosignano Marittimo (in provincia di Livorno) la trasferta per il “Premio Cultura Politica Giovanni Spadolini” consegnato a Paolo Borrometi dal sindaco della precedente giunta Alessandro Franchi e dal presidente della Fondazione Spadolini Nuova Antologia Cosimo Ciccuti.

Restando in Toscana la delegazione di Articolo 21 ha presenziato alla rassegna “Le vie del giornalismo” a Castagneto Carducci dove si sono svolte le presentazioni dei libri “Un morto ogni tanto” di Paolo Borrometi e “Rosso mafia. La n’drangheta a Reggio Emilia”, di Nando Dalla Chiesa organizzata dal Comune di Castagneto Carducci, assessorato alla Cultura, Biblioteca Comunale e Cooperativa Microstoria, e curata da Gianpaolo Boetti giornalista ex caporedattore de La Stampa e da Elisabetta Cosci (giornalista e vice presidente nazionale dell’Ordine dei Giornalisti). In ottobre la presenza significativa a Ronchi dei Legionari (in provincia di Gorizia) per la Giornata dedicata alla libertà di stampa e di espressione, promossa dall’associazione culturale Leali delle Notizie di cui è presidente Luca Perrino. Una manifestazione di grande importanza e valore, aderente ai principi che hanno ispirato la nascita dell’associazione Leali delle Notizie: L’articolo 21 della Carta costituzionale italiana con l’intento di parlare anche delle negate libertà di stampa che, purtroppo, insanguinano tutto il mondo. Si è potuto assistere al conferimento della cittadinanza onoraria del comune di Ronchi dei Legionari, da parte dell’amministrazione comunale, al giornalista Matthew Caruana Galizia, (vincitore del Premio Pulitzer 2017), e figlio di Daphne Caruana Galizia: la giornalista maltese uccisa in un attentato nel 2017 alla quale, con il consenso della famiglia e l’Alto patrocinio del Parlamento Europeo, l’associazione Leali delle Notizie ha dedicato un premio.

Un resoconto che al termine riporta allo spirito del luogo che sta legando fortemente le attività di Articolo21 e del Sindacato dei giornalisti: Levico, Trento, e alla stessa Regione Trentino Alto Adige, perché qui sono state gettate le basi per continuare con altri appuntamenti che vedranno in prima fila nel corso del 2020 questa terra con la presentazione del libro “Il sogno di Antonio” di Paolo Borrometi, della Fondazione Megalizzi, una sessione della Federazione Europea dei Giornalisti e l’assise nazionale del lavoro autonomo, precario, dei free lance, che costituisce l’ossatura e la nuova frontiera del giornalismo italiano. Levico aderirà anche all’iniziativa dell’Associazione Leali delle Notizie di Ronchi per ospitare la “panchina della libertà di stampa” che verrà collocata in primavera del 2020 e ad ospitare iniziative di carattere nazionale previste da Articolo 21.

Il sindaco di Levico Gianni Beretta parteciperà anche al Sinodo dei giornalisti ad Assisi in programma il 24, 24 e 26 gennaio 2020. Il suo gesto di allestire la vetrina del suo negozio con le foto dei giornalisti assassinati dedicando loro un “grazie” ritagliato nei principali quotidiani, in occasione del Congresso della FNSI, aveva suscitato un forte apprezzamento tra i delegati presenti. 47 anni, sposato con tre figli è da sempre impegnato in attività sociale e in politica. Lo abbiamo intervistato a fine anno in occasione degli auguri e per concordare insieme alla sua amministrazione comunale le future iniziative.